Riflessioni sulle accuse a Veronesi

Quello che mi chiedo dopo aver letto l’articolo di Gianni Barbacetto sul Fatto Quotidiano: Umberto Veronesi “accusato” di troppi interventi al seno. Ma c’è chi è contro l’eccesso di cure, è se questo giornalista, nel fare il suo lavoro, vuole informare i suoi lettori o, se invece, vuole fare del sensazionalismo a tutti costi con il solo scopo di darsi visibilità mediatica!
Ciò che infatti emerge dopo tale lettura è solo il suo desiderio di demolire a tutti i costi l’immagine di un uomo che ha dedicato tutta la sua vita alla lotta contro il cancro della mammella, raggiungendo risultati scientifici riconosciuti a livello planetario, in particolare da scienziati altrettanto autorevoli, che hanno riconosciuto il ruolo e i meriti di quest’uomo nel rispetto dell’integrità psico-fisica della donna.

L’introduzione all’articolo, basata in maniera apparentemente bonaria sui diversi aspetti della laicità dell’illustre personaggio, già manifesta i germi di quello che sarà il tema portante che si svilupperà nel corso dell’articolo, che è quello della denunciata inconsistenza scientifica del prof. Veronesi.
Nel paragrafo titolato L’anti-Veronesi d’America infatti Barbacetto, pur essendo assolutamente ignorante (da ignorare!) sulle problematiche dell’oncologia senologica, si lancia in un pericoloso pout-pourri in cui snocciola con assoluta disinvoltura argomenti di epidemiologia, di patologia infiltrante e in situ, nonché delle delicate e complesse problematiche legate alle mutazioni genetiche predisponenti ai tumori della mammella e dell’ovaio.
D’altra parte i dati forniti dal prof. Veronesi, e non solo da lui, sulla sopravvivenza, non sono notizie di corridoio o di gossip da parrucchiere, bensì sono il risultato inconfutabile di studi rigorosi e difficilmente criticabili, che hanno abbattuto montagne di incredulità e di diffidenze.
Non conosco, se ci sono, quali siano i colleghi del dissenso a cui Barbacetto si riferisce nell’articolo, ma so per certo che frequentando ininterrottamente questi ambienti, e tutti i colleghi che si occupano di senologia da circa quaranta anni, a me non è mai capitato di incontrarli…

L’articolo del prof. Narod (JAMA Oncol 2015), di cui non è questa la sede per una valutazione scientifica, non consente alcuna conclusione, in quanto esso è uno studio osservazionale, retrospettivo (1988-2011), multicentrico (SEER) e non un Trial clinico.
Il giornalista poi supera se stesso, accusando il prof. Veronesi di essere (udite, udite) troppo interventista!
Ebbene, chi vi scrive, che poi è coetaneo di Barbacetto, aveva solo da qualche anno sostituito i pantaloni corti con quelli lunghi, quando, giovane studente universitario, ebbe l’avventura di incrociare il prof. Veronesi. Fu per me, come per tutta una generazione di giovani o aspiranti chirurghi, un incontro folgorante, destinato a segnare la mia vita professionale orientandola verso la chirurgia senologica.
Già da quegli anni, e parlo della fine degli anni settanta, quando ancora i risultati dei suoi trials che avrebbero scardinato le obsolete tecniche chirurgiche radicali, il prof. Veronesi insegnava ai medici di tutto il Paese, in un Istituto Nazionale dei Tumori di Milano non ancora pronto alla rivoluzione tecnica e filosofica che già spingeva alle porte, la correttezza della metodologia scientifica ed il rigore di risultati degli studi clinici.
Nessuno al mondo sarebbe stato capace di rallentare o fermare quella spinta propulsiva che, partendo da un grande scienziato, finì con l’influenzare gli ambienti scientifici italiani e, successivamente, internazionali. Quella spinta che avrebbe contagiato centinaia di chirurghi italiani che grazie anche a quelle esperienze, decisero di dedicare la propria vita professionale alla Chirurgia della Mammella, offrendo a centinaia di migliaia di pazienti l’opportunità, pur nella malattia, di mantenere la propria femminilità e la propria integrità psico-fisica.
Altro che over-treatment! L’alternativa sarebbe stata l’amputazione della mammella e le gravi complicanze successive alla chirurgia dell’ascella.

Ringrazio dunque Gianni Barbacetto, d’altra parte è solo un giornalista, per avermi offerto l’opportunità per rimarcare alcuni concetti che nulla hanno a che fare con le cose dette e non dette, mormorate e distorte nel suo articolo, e che ho voluto puntualizzare anche a nome delle centinaia di Chirurghi Senologi iscritti all’ANISC (Associazione Nazionale Italiana Senologi Chirurghi), legati al prof. Veronesi da profonda stima e riconoscenza.

Roberto Murgo, Presidente ANISC